giovedì, Marzo 28, 2024

Femminicidio di Lorena Quaranta, la procura chiede le attenuanti per Antonio De Pace

lorena quaranta

Attesa la sentenza in appello per Antonio De Pace, condannato all’ergastolo in primo grado per la morte della fidanzata Lorena Quaranta, la 27enne uccisa nel marzo del 2020 a Furci Siculo. Nell’udienza in appello, la pubblica accusa ha invocato la concessione delle attenuanti generiche nei confronti del giovane di origini calabresi.

I giudici dovranno quindi valutare anche un’eventuale riduzione della pena stabilita in Assise lo scorso luglio. A pesare, nella ricostruzione della Procura, la mancanza di episodi violenti pregressi e le modalità dell’omicidio simili a un raptus. Se la richiesta della Procura venisse accolta, l’infermiere scamperebbe il carcere a vita. Una prospettiva che non piace alla famiglia di Lorena. “Le motivazioni della sentenza di primo grado sono ineccepibili – dice il legale, l’avvocato Giuseppe Barba– per noi non c’è spazio per non confermare l’ergastolo. E per questo non ci aspettavamo una richiesta del genere”.

Il prossimo 28 giugno intanto ci sarà una nuova udienza. L’infermiere calabrese era stato dichiarato capace di intendere e di volere e quindi imputabile, al termine della perizia effettuata per conto della procura dal professore Stefano Ferracuti che aveva evidenziato l’assenza di “disturbi psichiatrici” nel ragazzo di origini calabresi, all’epoca dei fatti vittima di una “importante condizione ansiosa”. Il delitto di Lorena avvenne il 31 marzo 2020, in pieno lockdown, a Furci Siculo, dove i due vivevano e studiavano insieme.

Era stato lo stesso De Pace a chiamare i Carabinieri quella notte. Lorena era stata trovata senza vita, uccisa al culmine di una lite. Dopo aver colpito Lorena alla fronte con un oggetto, tramortendola, De Pace l’aveva immobilizzata e poi atrocemente soffocata. Per spiegare il raptus che lo aveva colto, l’infermiere aveva dato una “giustificazione” agghiacciante: uno stato d’ansia provocato dalla paura di essere stato contagiato dal coronavirus, cosa poi rivelatasi assolutamente infondata. Dopo averla uccisa, ha tentato il suicidio tagliandosi le vene, riuscendo però a procurarsi solo ferite superficiali. Poi la chiamata ai carabinieri.

Lorena, originaria di Favara, frequentava l’ultimo anno della facoltà di Medicina e presto si sarebbe laureata. Una vita spezzata troppo presto.

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