giovedì, Dicembre 12, 2024

Tribunale di Patti: dovrà risarcire al figlio 84.000 euro perché fu assente e disinteressato

rosario di blasi

Dovrà pagare 84.125 euro a titolo di risarcimento per i c.d. “danni morali” al proprio figlio naturale verso il quale avrebbe mostrato per oltre trent’anni assoluto disinteresse e persino indifferenza, violando gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione.

Questa, in sintesi, la sentenza di primo grado emessa dal giudice monocratico Serena Andaloro del Tribunale Civile di Patti il 21 dicembre scorso, che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno ex art. 2059 derivante da “illecito endofamiliare” fattispecie creata dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, in questo caso applicato per la totale assenza del padre dalla vita del figlio.

Una sentenza che non ha precedenti nella storia del Tribunale civile Pattese chiamato a stabilire se e come quantificare in termini monetari il pregiudizio causato da un amore e da un cura paterni negati. La vicenda ha visto suo malgrado protagonista un giovane residente in un comune della costa tirrenico-nebroidea, che ha cercato riconoscimento come figlio nell’ultimo luogo possibile, un’aula di tribunale. Il giovane, infatti, concepito durante la convivenza della madre con il padre naturale e interrotta prima della nascita del bambino, non fu riconosciuto. E’ così dovuto ricorrere al tribunale per ottenere il riconoscimento della paternità, sancito con sentenza passata in giudicato nel 2015. Nel 2016, assistito dall’avvocato Rosario Di Blasi, il giovane, ormai trentenne, è tornato in un’aula di giustizia per vedere riconosciuto il danno psicologico, dinamico-relazionale o esistenziale e morale, causato dal vuoto che l’assenza della figura paterna ha determinato, incidendo profondamente sulla sua vita di relazione e sul suo equilibrio emotivo, specie durante l’infanzia e l’adolescenza. Un ragazzo al quale sarebbero stati negati, secondo quanto emerso in sede di giudizio di primo grado, la presenza, l’affetto e il supporto economico e morale da parte del padre – assistito in giudizio dall’avvocato Salvatore Princiotta – nel quotidiano quanto nelle occasioni speciali: compleanni, comunione, Natali, diploma. E che sarebbe stato persino esplicitamente rifiutato dal padre, che il ragazzo, in età adolescenziale aveva tentato di conoscere. Una sentenza, che non è la prima in Sicilia: una del tutto analoga, infatti, era stata emessa dal Tribunale di Enna lo scorso gennaio con un risarcimento quantificato in 10.000 euro e che ripropone al centro del dibattito – e delle coscienze – il tema del valore della presenza e del supporto assiduo e costante della figura genitoriale nella vita di un bambino, la cui privazione causa un danno non patrimoniale, per la cui liquidazione  “non può che farsi ricorso al parametro della liquidazione equitativa”, paragonando, per analogia al danno patito per la morte del genitore e quindi applicando analogicamente gli stessi criteri di liquidazione.

Ma riconosciuto, almeno in primo grado, dunque, il danno subito e disposta la liquidazione della somma e posto che un sentimento di accudimento ed affetto non può essere imposto, resta un interrogativo a cui dare risposta: il ragazzo non avrebbe rinunciato volentieri a qualsiasi azione legale, anche quando già gli atti erano sul tavolo del giudice, pur di avere uno piccolo posto nella vita di suo padre?

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