domenica, Dicembre 15, 2024

Coronavirus – “Io, positivo, ricoverato nel reparto Covid da me diretto”, la testimonianza del Prof. Mazzone

nino mazzone

Una testimonianza autorevole in tema di Covid-19 arriva dal Prof. Antonino Mazzone, Direttore Dipartimento Area Medica Asst Ovest Milanese, ospedale di Legnano. Il Professor Mazzone, originario di Naso, è sempre stato in prima linea nella lotta al Coronavirus, gestendo e curando migliaia di pazienti nel reparto Covid da lui diretto a Legnano.

Adesso però il Professore Mazzone è risultato positivo al tampone molecolare ed è stato ricoverato nello stesso reparto da lui diretto nel periodo marzo-maggio 2020. Con una lettera, pubblicata su Quotidianosanità ha voluto raccontare la sua esperienza.

“Mi sono appena alzato dal letto con la finestra che faceva intravvedere il PS, la coda delle ambulanze e tante persone malate sicuramente più di me. Per la legge del contrappasso sono ricoverato all’Ospedale di Legnano, reparto covid, lo stesso che ho diretto nel periodo di emergenza marzo-maggio 2020. 
 
Mi sono salvato dalla prima ondata, ne avevo curati e gestiti 1.281. Pensavo di essere immune e invece eccomi qua.
 
La febbre, la tosse, i continui tamponi per il rischio sanitario, ma quando dopo una notte con la febbre ti svegli, fai colazione e lo yogurt ha il sapore della calce, allora capisci che ci siamo.
 
Chiamo il mio amico Paolo, infettivologo, faccio il tampone ed eccomi qui, ricoverato a fare il paziente ed a gestire, nello stesso tempo, qualcosa per gli altri.

Mi viene in mente il mio amico Roberto Stella, grande medico ed amico, Presidente dell’Ordine dei Medici di Varese e della Società Scientifica Snamid. Si era ammalato un venerdì dei primi di marzo e il martedì seguente non c’era più. Il primo medico vittima del Covid-19.
 
Quando si passa dall’altra parte, si capisce molto di più di questa professione. Essere responsabile della salute della persona, vuol dire accontentare e guidare i suoi desideri le sue speranze, anche quando la prognosi non è favorevole.
 
Questa pandemia ha fatto evidenziare in maniera straordinaria, quanto ancora sia importante il rapporto medico paziente: nei veri rapporti umani, nella sofferenza. Molti dei nostri concittadini non ci sono più e gli ultimi atti di calore umano non li hanno potuti avere dai propri congiunti, ma da infermieri e medici che stanno dando tutto.
 
I miei medici vengono a cercarmi per consolarmi ed essere consolati. Sono davvero orgoglioso, sia dei medici che del personale infermieristico. Nonostante gli sforzi ed i turni massacranti dicono sempre che stanno bene e che ce la faremo.

Sorridono, anche se non si può vedere sotto la vestizione. Una fatica enorme: vestirsi e rivestirsi, ma gli occhi parlano, sono tutti bellissimi con gli sguardi ti trasmettono gioia.
Sono qui nella mia stanza di ricovero, ricevo tante telefonate e WhatsApp, cerco di tranquillizzare tutti sulle mie condizioni di salute.
 
Accendo la TV ed è inguardabile: ognuno dice quello che vuole, ci sono i negazionisti, vedo gente che dice che non è vero, che non esiste nessuna epidemia. Intanto mi giro con lo sguardo alla finestra e vedo le ambulanze che continuano a portare ammalati.
 
L’altra sera ho ammirato l’intensivista di Rivoli, che offriva tour gratuiti dentro il reparto ai negazionisti per far vedere la sofferenza. Ho apprezzato molto il direttore della “Stampa” Massimo Giannini, che è riuscito a raccontare la sua esperienz,a la pronazione e la sofferenza.

Forse bisogna dire delle cose forti, per risvegliare la coscienza civile di tutti maggioranza ed opposizione. Penso che se esistono i negazionisti, i no-vax, etc… probabilmente la nostra scuola non è stata cosi efficace ad insegnare ad ognuno di noi che nell’interpretazione dei fatti ci vuole un ragionamento e fiducia in chi ha qualità, etica e competenza.
 
Siamo un grande paese: diamo il meglio nell’emergenza, ma abbiamo difficoltà a gestire la routine. Non si riflette sui fatti, si parla per partito preso, non va bene. Bisogna tornare al ragionamento di Galileo, competenze, osservazione, sperimentazione, validazione e replicabilità, il resto conta poco.
 
Quanti giornalisti si sono chiesti, dove sono ricoverati i pazienti? Nessuno.

Si parla di Terapie Intensive, giusto, ma è meno del 10% del totale. Non si è capito che bisogna intervenire prima, cosi arriveranno meno pazienti in rianimazione.

Dove sono i malati? Nei reparti. Purtroppo la Pneumologia e le Malattie Infettive sono in grado di ricoverare al massimo il 10% dei malati. Qualcuno si è chiesto dove sono ricoverati il restante l’80% dei pazienti?

Nessuno, né i dati della Protezione civile, ne’ Istituto Superiore di Sanità, né assessori o Ministri, ha citato anche per una forma di riconoscimento e ringraziamento a chi gestisce l’80% dei pazienti: la Medicina Interna.
 
Oggi nel Dipartimento di Area Medica che dirigo ci sono oltre 300 ricoverati covid. Uno sono io. Per fare un esempio comprensibile, i pazienti sono di più che in tutto il prestigioso Spallanzani di Roma. Immaginate le diverse risorse disponibili.
 
Sono qui da malato di covid, a cercare di contribuire a migliorare l’accoglienza per tutti. Nessuno ne parla di come questi reparti si sono reinventati: gli altri hanno continuato a fare il loro lavoro, mentre medici ed infermieri della medicina interna, si sono messi a disposizione. D’altronde hanno sempre curato le polmoniti, e hanno sempre messo i caschi CPAP, in quanto nella normalità, se giammai ci torneremo, CPAP è la terapia dell’insufficienza cardiaca, che è la prima patologia di ricovero della Medicina Interna secondo i dati del Ministero della salute.
 
Oggi i caschi tra i miei ricoverati sono 67, vuol dire che sono dei letti semi-intensivi veri, che meritano riconoscimento in termini di risorse umane ed economiche.

Questo è il lavoro oggi, che si può organizzare senza aprire letti in un setting assistenziale inesistente. Vuol dire che se riusciamo a migliorare e gestire, non abbiamo bisogno di mandarli in rianimazione e risparmiamo i posti di terapia intensiva utilissimi.

Mentre cerco di riflettere su questi pensieri, sento bussare alla porta, aprono bardati: sono Lorenza, grande internista, ed Arianna, coordinatore infermieristico. Mi dicono: “Prof. il paziente D.A. con il casco sta male, ha fatto già la TAC. Oltre alla polmonite ha la paralisi delle corde vocali, dobbiamo fare la tracheostomia d’urgenza. Che ci consiglia per età e comorbidità?”. Gli rispondo che non ha importanza, se è consapevole bisogna procedere. La procedura è stata fatta, il paziente respira bene e con il casco guarirà. Ha 82 anni. Curare tutti sempre.
 
Da paziente sento la necessità di sottolineare un aspetto che in questi mesi è stato scotomizzato. Riconoscere quanto di buono fatto ai medici internisti ed infermieri che hanno contribuito al benessere dei pazienti covid ed all’efficienza del nostro sistema sanitario.
Tale efficienza del nostro SSN è nel cuore del Presidente della Repubblica, che ho avuto il piacere di conoscere in udienza al Quirinale, insieme alla delegazione FADOI per discutere di SSN e di omogeneità Regionale nel curare allo stesso modo ed al meglio tutti gli Italiani, era il 2016. E’ l’unico che ci richiama tutti al buon senso in un momento difficile.
 
Per tornare in argomento, un ultimo desiderio. Chiedo a tutte le Istituzioni Nazionali e Regionali di dire la verità quando sulle comunicazioni:
– ad esempio oggi sono ricoverati 10.000 pazienti
– 8.000 in medicina interna
– 1.000 in malattie infettive
– 1.000 in terapia intensiva
 
La cura in Medicina Interna è fondamentale per non fare peggiorare i pazienti e ricoverarli in terapia intensiva. Le competenze e la visione olistica nella gestione del paziente complesso e polipatologico ed in polifarmacoterapia ne fanno il pilastro del Servizio Sanitario Nazionale, e contribuiscono a fare qualche vittima in meno.
 
In fondo, come metafora calcistica abbiamo bisogno dei centravanti e di chi fa gol (Intensivisti), abbiamo bisogno dei portieri che parano anche i rigori (infettivologi e pneumologi), ma per vincere ci vuole il gioco di squadra.

Nel prossimo numero dell’Italian Journal of Medicine sarà pubblicata una mia lettera che sostiene per continuare la metafora calcistica, che l’internista in questa fase epidemica, è come “una vita da mediano” di Ligabue “ ..a cercar palloni per far funzionare i polmoni…., nelle squadre di calcio i mediani non compaiono ma fanno vincere i campionati mondiali.”
 
Spero di guarire presto ed aiutare gli altri fin che posso.

Antonino Mazzone
Direttore Dipartimento Area Medica ASST OVEST MILANESE
Vice Presidente FISM (Federazione Italiana Società Medico Scientifiche)
Past Presidente FADOI”

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