venerdì, Aprile 26, 2024

Le dichiarazioni del procuratore Angelo Cavallo sul caso Antoci: “indagini corrette”

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“Dopo tre ore di audizione innanzi alla Commissione Antimafia, probabilmente non mi sono spiegato bene…”e stigmatizza “Indagini corrette, l’Antimafia si sbaglia” e sulla scena irrompre l’avvocato Consentino che attacca a tutto campo.

Sulla morte di Tiziano Granata e Rino Todaro il Procuratore Angelo Cavallo, evidenzia:”Smentisco notizie non vere: nessun elemento utile per riaprire le indagini”, aggiungendo:”Inoltre tengo a precisare che dopo tre ore di audizione innanzi alla Commissione Antimafia, probabilmente non mi sono spiegato bene circa l’espletamento delle indagini relative all’attentato Antoci, vista la relazione finale che la Commissione Regionale Antimafia ha prodotto”.

Il Procuratore di Patti, Angelo Cavallo, a margine della conferenza stampa di oggi presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Messina, relativa agli arresti effettuati a Brolo, ha voluto precisare ai cronisti che “non esiste alcun elemento utile per riaprire il caso della morte dell’agente di scorta dell’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Tiziano Granata. Smentisco pertanto alcune notizie pubblicate dalla stampa in tal senso”.
Il Procuratore di Patti ha aggiunto, quasi a mettere una pietra tombale su quei fatti, cassando nei fatti le richieste emerse dalla Commissione Antimafia Regionale:”Nessuno spunto nuovo serio si è al momento evidenziato. Se dovessero sussistere motivazioni concrete che possano motivare la riapertura del caso sulla morte di Granata, sarebbe dovere di ogni Procuratore provvedere alla riapertura del caso” aggiungendo “Ho letto anche che il presidente della commissione Fava avrebbe auspicato una riapertura delle indagini per la morte dell’assistente capo Tiziano Granata e dell’ispettore Rino Todaro. Questo, lo voglio chiarire, non viene affermato nella relazione, anzi, la commissione ritiene la vicenda chiusa. Prendo atto anche che i consulenti della commissione, in conferenza stampa, hanno escluso il collegamento tra queste morti e l’attentato Antoci, confermando che siano dovute, per quanto si tratti di una incredibile coincidenza, a fattori naturali. Sono state riportate le mie parole, ho affermato che siamo pronti a riaprire le indagini in presenza di nuovi spunti seri.
Voglio dire che qualsiasi procuratore in presenza di elementi nuovi ha l’obbligo di riaprire le indagini. Ma questi elementi allo stato non ci sono, né sono stati evidenziati dalla commissione. La commissione ha sentito le stesse identiche persone ascoltate da noi”
Poi il Giudice Cavallo ha voluto fare quelle che ritiene delle doverose precisazioni, come procuratore di Patti, sul cosiddetto caso Antoci:
«Per quanto riguarda l’inchiesta del caso Antoci ribadisco con forza avendo partecipato alle indagini, la loro assoluta correttezza e non sono d’accordo con le censure avanzate dalla commissione regionale antimafia. Non posso entrare nello specifico su questo aspetto perché non appartengo alla procura di Messina ma sono il capo della procura di Patti, dovrà essere il procuratore di Messina ad intervenire».
“Ho letto con attenzione la relazione, sono stato lungamente ascoltato dalla commissione. […] ribadisco con forza l’assoluta  correttezza di quelle indagini. Non sono assolutamente d’accordo con le critiche e le censure emerse, ho cercato di spiegare, quando sono stato ascoltato per ben tre ore, tutti gli elementi dell’indagine, evidentemente non sono stato capace di spiegarmi”.
Quindi  un messaggio a chi oggi cura la Procura di Messina: “Purtroppo non posso entrare nello specifico di questo aspetto, perché non sono più nella procura di Messina. Mi aspetto che lo faccia il procuratore di Messina, visto che è lui oggi il responsabile di quell’ufficio”.
Ed intanto arrivano le repliche al comunicato dell’avvocato Mario Ceraolo, all’epoca dei fatti vice questore  ha indagato sull’attentato, ed anche alla Relazione della Commissione Politica Antimafia Siciliana. A muoverle è l’avvocato Mario Consentino, che si affida ad un comunicato stampa, dopo aver esternato le sue perplessità sul piazzale del palazzo d’Orleans, appena finita la conferenza stampa di Fava, alla quale dice “gli è stato vietato di assistere in quanto non giornalista”.
Scrive Consentino, che è severo nei giudizio delle affermazione dell’avvocato Ceraolo, con il quale concorda solo quando l’ex poliziotto afferma “che la mafia si contrasta con la verità”.
E ironicamente Consentino scrive nel suo comunicato stampa: “Ed allora che verità sia, ma quella documentale e quella degli atti giudiziari” producendo una serie di atti e documenti.
Il suo ruolo attivo in questa vicenda lo esplicita direttamente: “Preliminarmente, specifico di non essere l’avvocato solo del dott. Manganaro, ma anche degli agenti della scorta ed in genere tutelo gli appartenenti alla polizia, i quali oggi, come tante altre volte, si vedono lesi doppiamente, sia dall’attentato, sia dalle ipotesi calunniose di coloro che, come nel caso specifico hanno indotto in errore la Commissione Politica Antimafia Siciliana”.
Lui evidenzia che “Le notizie fornite dallo scrivente, in merito all’attentato ed ai soggetti che lo mettono in dubbio, traggono origine da atti giudiziari, che allega al suo corposo documento\stampa. Poi  relativamente alle dichiarazioni del Sindaco di Cesarò, utilizzate anche dalla Commissione Antimafia, per ipotizzare la simulazione dell’attentato,  specifica che contrariamente a quanto dedotto nella “Relazione” e nella conferenza stampa del 8 ottobre 2019, il Calì- sindaco di Cesarò –  “sentito a sommarie informazioni, davanti l’Autorità Giudiziaria dopo aver ricordato che nel 2014 gli avevano bruciato la macchina, più volte ha dichiarato di aver paura, di aver forti timori per la sua incolumità e timore anche di essere ucciso. Dichiarava altresì di vergognarsi per le dichiarazioni rese ai giornalisti, nelle quali affermava che non c’era alcun problema. Sullo stesso fronte, si pongono a fondamento per la “simulazione” le dichiarazioni del M.llo Lo Porto ove si afferma che, i soggetti registrati dalle telecamere dei luoghi, la notte dell’attentato, sarebbero dei ruba galline.”
Ed evidenzia che “ai dubbi del Presidente Fava, in tal proposito, ha risposto il Procuratore della Repubblica, Dott. Cavallo, il quale, ha chiarito che a seguito delle intercettazioni telefoniche è emerso che tali soggetti non erano degli stinchi di santo, anzi erano persone che avevano estrema attenzione nel parlare, nell’usare determinate frasi e nel non parlare in macchina ed al telefono. Specificando altresì che: “quindi con buona pace del maresciallo Lo Porto che io
non conosco, questi personaggi credo abbiano un certo rilievo. In ogni caso credo che le valutazioni di una DDA siano ben più importanti di un maresciallo di una stazione dei carabinieri”.
Consentino è critico nei confronti della Commissione Antimafia “non mi ha fornito la documentazione richiesta, non ha voluto sentirmi per chiarire la posizione dei miei assistiti (utile a smentire tutte le posizioni dei sostenitori della simulazione) e mi ha negato la partecipazione alla conferenza stampa, allo stato non posso che riportami a verità giudiziaria ove il GI.P. di Messina, nella sua Ordinanza ha scritto che “appariva innegabile che tale gravissimo attentato era stato commesso con modalità tipicamente mafiose… rappresentando un dato processualmente acquisito l’esistenza di un sodalizio di stampo mafioso, operante da tempo nel territorio del Comune di Tortorici e zone limitrofe – e con la complicità di ulteriori soggetti, che si erano occupati
di monitorare tutti gli spostamenti dell’Antoci e di segnalare la partenza dal comune di Cesarò.
Si trattava, a ben vedere, di un vero e proprio agguato, meticolosamente pianificato………….e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere”.
Consentino inoltre scrive:”Che oggi si accusino dei poliziotti che hanno subito un attentato, ipotizzando essere simulato, […] mi fa indignare e mi spinge a fare emergere la verità.
Mi auguro che al più presto, possa essere messo in condizione di interloquire con la Commissione Antimafia Siciliana, per dimostrare gli errori in cui è stata indotta. Sperando che al più presto si possa avere giustizia e restituire dignità ai poliziotti ed a tutte le forze dell’ordine che sono, come avrebbe detto Giorgio Faletti nella sua famosa canzone: divise derise che vanno strette … che si fanno ammazzare per poco più di un milione al mese … se chi li ammazza prende di più di quanto prende la brava gente… Che di coraggio ne hanno tanto, ma diventa sempre più dura quando tocca fare i conti con il coraggio della paura”
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