C’è l’ombra del terrorismo dietro i due decreti di fermo di indiziato eseguiti dalla Polizia di Stato a Palermo lo scorso 6 maggio. Sotto la lente degli investigatori della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione/UCIGOS e dalla D.I.G.O.S. del Capoluogo siciliano, coadiuvati dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per la Sicilia Occidentale, un cittadino italiano di origini bengalesi 21enne, residente a Palermo e un 18enne cittadino bengalese, residente a Castelvetrano (TP), indiziati di apologia di delitti aggravata dalla finalità di terrorismo. I due avrebbero, con diverse condotte, propagandato ed esaltato la jihad ed il martirio religioso.
Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia ed Antiterrorismo di Palermo erano scattate nel mese di marzo grazie ad una costante progressione informativa dell’AISI – Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna, un’agenzia italiana di intelligence che si occupa di proteggere la sicurezza interna – che consentendo di coglierne per tempo il percorso di radicalizzazione, ha permesso agli investigatori di avviare mirati approfondimenti nei confronti dei due indagati.
Gli internauti avrebbero manifestato interesse per tematiche jihadiste, attraverso uno piccato attivismo su diversi social e su alcuni network virtuali giovanili, sui quali venivano ossessivamente inseriti e condivisi messaggi, immagini e video di propaganda dello Stato islamico, inneggianti alla jihad, al martirio ed all’uso della violenza contro i kuffar, i miscredenti.
In particolare, uno degli indagati ha postato on line frasi dal tenore” La Sicilia tornerà ad essere l’Emirato islamico” e ancora : “La mia morte non è (forse) una sola volta nella mia vita? Perché non dovrebbe essere sigillata dal mio martirio?, esprimendo spesso disprezzo per i kuffar “…andrebbero gettati all’inferno e sottoposti ad una severa punizione…”.
L’altro indagato, invece, avrebbe pubblicato sui social di storie ritraenti soggetti armati con capo e occhi coperti, un collage di immagini che ritraggono fucili d’assalto del tipo AK-47, nonché frasi che richiamano il Califfato, il martirio, nonché un video di Osama Bin Laden, fondatore e leader dell’organizzazione terroristica Al-Qaeda, recante a margine una didascalia scritta in lingua bangladese dal seguente tenore letterale: “G*aza ti sento molto, se tu fossi qua non ci sarebbe così tanta distanza”.
Sono stati anche rilevati video tra i quali un reel contenente immagini riferibili all’attacco del 7 Ottobre, correlato da un nasheed jihadista intitolato “prenditi il nostro sangue” e video di combattenti intenti a compiere esecuzioni di massa, ma anche post incentrati sulle vittime palestinesi di Gaza, con frasi di disprezzo per l’America e Israele e minacce di imminente “vendetta per il sangue versato dal popolo di Gaza in nome di Allah”.
L’analisi dei dispositivi sequestrati agli indagati avrebbe confermato la loro postura radicale e la possibile imminente concreta attivazione, rilevandosi nella cronologia dell’app di intelligenza artificiale ChatGPT la ricerca testuale “dove colpire una persona per paralizzarla?” nonché l’iscrizione con il nick name Osama Bin di uno degli indagati ad un canale privato di un noto social nel quale veniva diffuso materiale audio, video e documentale per la formazione e l’addestramento di combattenti Jihadisti.
I due fermati dopo le formalità di rito, sono stati associati al carcere Pagliarelli. All’esito dell’udienza di convalida dei provvedimenti di fermo, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo ha emesso ordinanza di misura cautelare degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico nei confronti di entrambi, ritendendo sussistenti il pericolo di reiterazione dei reati e soprattutto che i due possano completare il loro percorso di radicalizzazione, ponendo in essere azioni costituenti attentati alla incolumità e all’ordine pubblico.