Nella odierna mattinata, su delega di questa Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – la Polizia di Stato ha dato esecuzione a numerose misure cautelari emesse dal Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Messina, nei confronti di 14 soggetti, di cui 11 originari della città di Messina e 3 della provincia di Reggio Calabria, gravemente indiziati, a vario titolo, dei delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacente, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione e porto illegale di armi.
L’indagine costituisce l’esito di una complessa ed articolata attività investigativa coordinata da questa Direzione Distrettuale Antimafia di Messina e condotta dalla Sezione Investigativa del Servizio Centrale Operativo di Messina (S.I.S.C.O.) e dalla Squadra Mobile.
L’attività prende avvio da quanto riferito da un collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni, riscontrate in corso di indagine, hanno consentito di accertare l’attuale organizzazione del Clan di Mangialupi, gruppo storicamente dedito al traffico di sostanze stupefacenti capace di far ricorso, nella gestione dei propri affari illeciti, anche alla violenza, tentando di imporre la propria supremazia nel mercato cittadino degli stupefacenti, anche sulla scorta del prestigio e della caratura criminale dei propri esponenti storici.
Infatti, all’esito delle investigazioni delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina al Servizio Centrale Operativo di Messina (S.I.S.C.O.) ed alla Squadra Mobile di Messina, è stato acquisito un solido quadro probatorio, in una fase del procedimento nel quale non è ancora instaurato il contraddittorio delle parti, che ha permesso di porre in luce e disarticolare, una associazione per delinquere dedita al narcotraffico e alla cessione di sostanze stupefacenti, avente quale core business uno dei noti rioni situati nella zona sud della città, Mangialupi.
L’indagine ha consentito di ricostruire i ruoli svolti dai sodali all’interno dell’organizzazione, la quale aveva al suo vertice un capo, quale promotore della consorteria, il quale, nonostante fosse detenuto in regime carcerario, tramite la disponibilità di telefoni cellulari, comunicava all’esterno le proprie disposizioni.
Questi si avvaleva, per la gestione del sodalizio, dell’indispensabile ausilio del padre e della zia, con i compiti di gestire l’attività di spaccio e gli introiti dell’organizzazione, nonché della compagna, la quale fungeva da sua portavoce, svolgendo, altresì, i vari compiti affidati in vari ambiti, tra cui il recupero del denaro.
Significativi erano anche i ruoli, censiti nel corso delle indagini, dei c.d. “bracci operativi”, i quali, sebbene subordinati al capo, ma con funzioni direttive ed interscambiabili fra loro, erano dediti prevalentemente alle attività di approvvigionamento della sostanza stupefacente, alla gestione dello spaccio di stupefacenti e al reperimento di armi, impartendo direttive ad altri soggetti con compiti, invece, esecutivi.
Vi erano poi i corrieri ai quali era demandato il compito di trasportare la sostanza stupefacente, anche via mare, nei prefissati luoghi di custodia, individuati all’interno della città di Messina.
Il quadro indiziario assunto, oltre che permettere di ricostruire il modus operandi dei sodali, ha fatto luce sui vari canali di approvvigionamento della droga, consentendo di monitorare le trasferte dei sodali dell’organizzazione, finalizzate alla contrattazione delle forniture di droga nell’hinterland della provincia di Reggio Calabria e al successivo acquisto.
Inoltre, è emerso che gli odierni indagati, oltre che rifornire diverse piazze di spaccio allocate in città, in virtù del rapporto fiduciario instauratosi con i soggetti di provenienza calabrese, riuscivano a stabilire accordi con quest’ultimi, per rifornire alcune piazze di spaccio catanesi, per poi dividerne i guadagni.
Nel corso dell’indagine, a riscontro dell’ipotesi accusatoria prospettata, sono stati sequestrati oltre 3 Kg di cocaina, quasi 20 kg di marijuana e quasi 2 kg di hashish, pari ad un mancato guadagno per il sodalizio criminale di quasi 1.500.000,00 euro, introiti che sarebbero stati ripartiti fra i sodali e reinvestiti per i conseguenti affari illeciti del gruppo.
Tramite la presente indagine, è stata messa in luce la pronta disponibilità di armi del gruppo e il facile ricorso alla violenza, che permetteva al sodalizio criminale di accrescere la propria forza e affermare la propria egemonia sul territorio in materia di spaccio di sostanze stupefacenti. A riprova della disponibilità di armi da parte del gruppo, in più occasioni nel corso dell’indagine, sono state sequestrate armi: un fucile, un fucile a pompa, 2 mitragliette e 3 pistole, oltre a munizionamento vario; inoltre ed è stato individuato uno dei luoghi di custodia delle armi e della droga detenute dal gruppo.
La pervicacia del sodalizio è stata, inoltre, messa in luce nel luglio del 2023 attraverso il ferimento di un uomo messinese, tramite l’esplosione di un colpo di arma da fuoco che lo aveva attinto agli arti inferiori, mentre si trovava all’interno del bar di sua proprietà, sito al centro della città. Alla base di tale gesto vi sarebbero state ragioni legate a contrasti relativi al mercato degli stupefacenti sulla piazza messinese. Gli investigatori della Polizia di Stato hanno ricostruito tempestivamente la dinamica dell’atto intimidatorio, individuando il modus operandi e le varie fasi dell’azione criminale ed identificando i 3 soggetti coinvolti – oltre ad un minore – tutti appartenenti al sodalizio, i quali sono stati tempestivamente raggiunti da misura cautelare carceraria.