mercoledì, Maggio 15, 2024

Brolo – Cinquant’anni dalla morte del Dott. Giacinto Garofalo, ma per molti il ricordo è sempre vivo

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Era il medico che trovavi in ambulatorio fino a tarda sera o che girava da una parte all’altra del paese a passo svelto e in mano la borsa in pelle.

Per le frazioni si lasciava condurre su un asino, quello che i familiari dei pazienti si tiravano appresso per poterlo portare nei casolari più dispersi. Eravamo nel dopoguerra, poi arrivarono le lambrette e le “seicento”. A Brolo Don Giacinto Garofalo era un’istituzione.

Era il medico condotto, ma anche pediatra, dentista. Era l’ostetrico e il cardiologo. Era tutto.

Curava anche con le parole. Sicurante un suo grande pregio.

Il dottore Garofalo era, oggi possiamo definirlo, una figura romantica, amata ma anche temuta, se da sotto gli occhiali doveva rimproverati, se non ti eri attenuto alle sue prescrizioni.

Era rispettato al di là della professione medica che esercitò per più di 50anni, per il suo modo di essere e di fare.

Il ricordo di lui è vivo, palpabile, vero.

Ecco, passando sotto casa sua, non si può fare a meno di no pensarlo, di raccontare un aneddoto, un pezzo di storia vissuta nel suo ambulatorio. Del sentire l’acqua bollire dentro i contenitori in alluminio delle siringhe, che già ti facevano male prima che ti pungessero. Dell’odore della tintura di iodio, o di quando, con timore al suo arrivo in casa, per la visita, tutta la famiglia dopo aver preparato al meglio quelle stanze, spesso povera, si raccoglieva silenziosamente in disparte, in attesa della prognosi.

Il Dottore – come tutti lo chiavano – in quei casi era osservato con occhi pieni di speranza e lui ricambiava sorridendo.

Lui, era nato nel 1899, si era laureato a Palermo, e amava la medicina e i suoi progressi.

Quando arrivò la “penicillina” la sperimentò sui figli, l’accolse come un salva popolo e insieme al chinino, in una Brolo infestate di malaria. Senza mai stancarsi, vaccinò intere generazioni contro la poliomielite, la tubercolosi, curando e ricucendo soprattutto i bambini dai danni dovuti ai ritrovamenti degli ordigni bellici che disseminavano campi e campagne.

Poi è arrivò la Mutua. Ma il dottore Garofalo, quel diritto alla salute lo esercitava già da anni, per tutti, ma questa è un’altra storia!

Giovani medici affollavano il suo studio per far pratica. Lui dispensava consigli, riversava su di loro l’esperienza maturata, il suo sapere, fatto oltre che di scienza anche di cultura.

Amava leggere, conosceva la storia, la raccontava ai figli

Si perché lui aveva una splendida famiglia, i figli Peppiniello e Graziella, la moglie Emanuela – conosciuta da tutti come la “signora Nelly” – passando per una lunga sfilza di parenti, nobili nell’animo e non di lasciti ma dalla mentalità aperta.

Con Giacinto Garofalo si può raccontare la trasformazione che la Sanità, intesa come assistenza e cura del malato, con i relativi eventi sociali che a cavallo tra due secoli hanno caratterizzato la vita degli italiani.

Il ricordo del dottore Garofalo non è per nulla sbiadito. Forse è questa la sua grande eredità di cui chi l’ha conosciuto può andarne fiero.

Quando morì aveva 74 anni.

Massimo Scaffidi

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