domenica, Dicembre 15, 2024

Operazione Concussio, Appello bis: Assolto Tamburello. Pene rideterminate per Di Bella e Lo Re

tribunale riesame messina

Assoluzione per Vincenzo Tamburello e pena rideterminata per Giuseppe Lo Re e Isabella Di Bella. Così ha stabilito la Corte d’Appello di Messina, seconda sezione penale, all’udienza di oggi, pronunciando sul rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza dello scorso 10 marzo nel procedimento scaturito dall’operazione della DDA peloritana denominata “Concussio”.

La Seconda sezione della Corte d’Appello di Messina ha dunque confermato l’assoluzione del commercialista ed ex consigliere comunale per Vincenzo Tamburello, difeso dagli avvocati Eugenio Passalacqua e Alessandro Pruiti, mentre, in parziale riforma della sentenza di primo grado, escludendo l’aggravante mafiosa, ha rideterminato la pena nei confronti di Giuseppe Lo Re a 4 anni di reclusione e 1.800 euro di multa e di Isabella Di Bella a 2 anni e 6 mesi di reclusione e 1.600 euro di multa. Entrambi sono stati condannati alla rifusione delle spese processuali sostenute dalle parti civili costituite, mentre per lo Re è stata revocata la pena accessoria dell’interdizione legale per la durata della pena e sostituita l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici con quella temporanea per 5 anni.

L’indagine “Concussio” era incentrata su presunte richieste di pizzo mentre era in corso la gara, indetta dal Comune di Mistretta, per i lavori di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico contemporaneo delle opere di Fiumara d’Arte e nell’aprile del 2018, aveva portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Messina.

La sentenza di primo grado fu emessa dal Tribunale di Patti (presidente Ugo Scavuzzo, a latere Eleonora Vona e Francesco Torre) nel febbraio del 2020. Era stata disposta la condanna a 7 anni e 6 mesi di reclusione e al pagamento di 2.500 euro di multa per Giuseppe Lo Re; a 3 anni di reclusione e al pagamento di 2.100 euro di multa, Isabella Di Bella e mentre Vincenzo Tamburello era stato assolto per non aver commesso il fatto. Contestualmente in primo grado venivano condannati per trasferimento fraudolento di valori in concorso con Lo Re: Annamaria Hristache a 2 anni e 4 mesi, Mario Bonelli a 2 anni e 2 mesi,Giuseppe Belvedere, Dimitrina Dimitrova, Florian Florea e Dimona Dimitrova Gueorguieva, tutti a 2 anni.

Il 17 maggio 2021 il Collegio della Corte d’Appello, (presidente Alfredo Sicuro, a latere Maria Teresa Arena e Carmine De Rose), aveva ribaltato la sentenza di assoluzione per Vincenzo Tamburello, condannandolo a tre anni e confermato le condanne inflitte in primo grado a Pino Lo Re e Isabella Di Bella. Per gli altri sei imputati, accusati di trasferimento fraudolento di valori in concorso con Pino Lo Re, i giudici di appello confermano le condanne a 2 anni e 2 mesi per Mario Bonelli e 2 anni per Giuseppe Belvedere. Ridotta invece la condanna da 2 a 1 anno e 8 mesi per Dimitrina Dimitrova, Florian Florea e per Dimona Dimitrova Gueorguieva, pena sospesa e per Annamaria Hristache, condannata in primo grado a 2 anni e 4 mesi, condanna ridotta a 2 anni di reclusione e pena sospesa.

La corte di Cassazione, infine, con sentenza dello scorso 10 marzo aveva annullato con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Messina la sentenza emessa il 17 maggio 2021 dalla corte d’appello di Messina, che aveva in parte riformato la sentenza emessa il 12 febbraio 2020 del tribunale di Patti condannando Pino Lo Re, Vincenzo Tamburello e Isabella Di Bella, con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Annullata senza rinvio, invece, per tutti gli altri imputati, accusati di trasferimento fraudolento di valori – in concorso con Lo Re – per i quali in appello erano state ridotte le pene già inflitte in primo grado. Il collegio delle difesa era composto dagli avvocati Alessandro Pruiti Ciarello, Giuseppe Serafino, Alvaro Riolo, Lucio Di Salvo, Salvatore Caputo e Marcella Merlo.

Costituiti parte civile al processo il Centro studi “Pio La Torre” di Palermo, rappresentato dall’avvocato Nicola Marchese e la FAI, la Federazione Antiracket Italiana, rappresentata dall’avvocato Mario Ceraolo. Per i ricorrenti, eventualmente la Procura Generale e i due condannati, all’esito delle motivazioni della sentenza, è possibile il ricorso in Cassazione.

 

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