venerdì, Aprile 19, 2024

Attilio Manca, l’urologo barcellonese ucciso per il suo rifiuto a curare Provenzano? Nuova intercettazione

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Da 18 anni i genitori di Attilio Manca chiedono giustizia: era la notte tra l’11 e il 12 febbraio del 2004 quando il giovane e brillante medico urologo di Barcellona Pozzo di Gotto moriva a Viterbo, la città in cui lavorava da meno di due anni all’ospedale Belcolle.

Nell’autunno 2003 Bernardo Provenzano – catturato solo l’11 aprile 2006 nelle campagne di Corleone, suo paese d’origine, dopo una latitanza durata 43 anni – soffriva a causa di un tumore alla prostata, per il quale attendeva un intervento chirurgico in Costa Azzurra. Pochi giorni prima del viaggio in Francia, però, Binnu Provenzano avrebbe ricevuto un secco no da un medico a cui i suoi uomini si erano rivolti per prestargli le cure di cui aveva bisogno.

A confermare la tesi dell’omicidio, sostenuta da anni dalla famiglia, c’è una intercettazione della Dia di fine 2003, finora inedita, pubblicata da ANTIMAFIAduemila, in cui a discutere sono sei o sette uomini, che non fanno mai il nome di Attilio Manca: i gregari di Bernardo Provenzano dicevano che bisognava «fare una doccia» ad un medico per aver negato le cure al boss. In altre parole, doveva essere eliminato.

Gli esami sul corpo di Attilio Manca confermarono un’overdose da eroina, aggravata dall’assunzione di uno psicofarmaco, il Tranquirit, a base di benzodiazepine: una morte – archiviata come suicidio – su cui però ben cinque collaboratori di giustizia (Giuseppe Setola, Carmelo D’Amico, Stefano Lo Verso, Giuseppe Campo e Antonino Lo Giudice), nel corso degli anni, hanno convenuto, riferendo ai magistrati che si trattasse di omicidio.

Ma c’è dell’altro: il 16 febbraio 2021, dopo una condanna in primo grado, una donna romana, Monica Mileti, è stata assolta dall’accusa di aver fornito ad Attilio Manca la dose fatale di eroina. In più il dottor Manca, nel giugno e nell’ottobre 2003, si recò in Costa Azzurra, circostanza accertata dai tabulati telefonici.

A confermare la notizia è Fabio Repici, l’avvocato che assiste la famiglia Manca. Per oltre 18 anni, la battaglia dei genitori di Attilio è ruotata intorno a una certezza: il medico, che aveva 34 anni quando morì, non si è suicidato, ma è stato ucciso perché coinvolto a sua insaputa nelle cure a Bernardo Provenzano e per farlo fuori è stata simulata un’iniezione letale da sostanza stupefacente. Del resto, i due fori da siringa erano nel braccio sinistro, ma Attilio Manca, oltre a non essere un tossicodipendente, era mancino e, come riferito da amici e familiari, non era in grado di svolgere alcuna attività con la mano destra.

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