L’autorità giudiziaria decide di colpire il patrimonio del 66enne Angelo Porcino, soggetto storicamente inquadrato nel sodalizio mafioso dei “barcellonesi”. Risalgono ad oltre 30 anni fa le prime evidenze della sua contiguità ai boss storici, il cosiddetto “gruppo dei Vecchi”: era lui il punto di riferimento per le estorsioni a commercianti e imprenditori del barcellonese, in particolare agli aggiudicatari di commesse pubbliche.
Per il Questore e il Procuratore di Messina Porcino è una delle figure di maggiore pericolosità “qualificata” del territorio del Longano: da qui la richiesta di sequestro, accolta dal Collegio della Prevenzione, di un cospicuo patrimonio immobiliare a lui riconducibile, nonostante le fittizie intestazioni ai familiari. I sigilli sono stati posti a 6 immobili di Barcellona Pozzo di Goto, uno dei quali oggetto di una rilevante opera di ristrutturazione che ne ha elevato il valore in maniera cospicua, nonostante l’apparente mancanza di capacità patrimoniali.
Sin dagli anni ’80 il Commissariato di Barcellona indagava su Porcino nel contesto della gestione delle bische clandestine. Nel 1985 i poliziotti gli contestavano l’installazione abusiva di apparecchi vietati e l’agevolazione del gioco d’azzardo ad un gruppo di minori. All’inizio degli anni ’90, poi, l’indagine antimafia “Gotha-Pozzo 2” evidenziava il ruolo di Porcino tra i “quadri” dell’organizzazione.
Nel gennaio del 2018 l’arresto all’esito dell’operazione “Gotha 7”, per concorso in associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione di armi, rapina, violenza privata, minaccia e lesioni personali – reati, questi ultimi, aggravati dal metodo mafioso – per cui è già stato raggiunto da due sentenze di condanna definitive. A dimostrazione del ruolo centrale di Porcino, ormai “storico” punto di riferimento dell’organizzazione per il settore delle estorsioni – nonostante l’avvicendarsi dei boss alla guida del sodalizio – il nuovo arresto nel febbraio del 2020, nell’ambito dell’operazione “Dinastia”.
L’attualità della sua pericolosità è rappresentata anche dalle ripetute violazioni della misura degli arresti domiciliari a cui era sottoposto nel corso del 2020.
Infine il Tribunale ha ritenuto che a Porcino fosse riconducibile anche una ditta di ristorazione che, seppure intestata al figlio, aveva costituito, sin dagli anni ’90, il luogo di esercizio dell’attività di gioco d’azzardo da parte del padre. Si tratta infatti della stessa sala giochi che, sin dagli anni ’80, aveva attirato l’interesse investigativo del personale della Polizia di Stato.
Nonostante la struttura sia stata successivamente convertita in attività ristorativa, si è potuto dimostrare che il padre dell’attuale intestatario ne aveva assunto la gestione effettiva e ne aveva assicurato, nel tempo, il sostegno economico, proveniente da rimesse di danaro provento delle estorsioni, come attestato anche dalla mancanza di uniformità tra redditi e tenore di vita del destinatario della misura e dei suoi familiari.