giovedì, Aprile 18, 2024

Truffa allo Stato: fatture false per 21 milioni di euro, tre arresti tra Patti e Gioiosa Marea

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Arresti domiciliari per tre persone, due di Patti ed una di Gioiosa Marea, rispettivamente S.P.G. (cl. 71) e L.C. (cl. 80) e I.G.R. (cl. 91). Per altre otto invece l’interdizione dall’esercizio di attività di impresa per un anno, sequestri per un valore di circa mezzo milione di euro.

Un giro di 21 milioni di euro tra fatture false emesse e ricevute ed evasione fiscale, per oltre 4 milioni tra Iva e Irap. Questi alcuni numeri dell’operazione “Illusione”. Sono state le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Messina ad eseguire i provvedimenti cautelari disposti dal gip del tribunale di Patti Eugenio Aliquò.

Per gli inquirenti, pur sulla base di imputazioni provvisorie e che dovranno comunque trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, si tratta di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, all’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, fino alla frode fiscale, che avrebbe consentito agli indagati di ottenere  indebitamente fondi pubblici per un importo di oltre un milione di euro.

Titolare dell’inchiesta è la procura della repubblica di Patti, con il procuratore capo Angelo Cavallo ed il sostituto procurate Alessandro Lia; le indagini sono state curate dai finanzieri della Tenenza di Patti, coordinati dal Gruppo di Milazzo. Sarebbe emerso che a decorrere dal 2016 in poi furono costituite  dieci società di svariati settori di impresa –  commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, attività di stampa, commercio di macchine e attrezzature, costruzione di edifici e attività di catering e ristorazione; le società sarebbero risultate soggettivamente ed oggettivamente interconnesse, per ottenere ingiusti profitti. Rilevate, tra le altre, queste anomalie: opere edili mai realizzate, falsi preventivi di spesa, macchinari mai acquistati.

Nello specifico quattro progetti d’investimento, per un importo totale pari ad oltre un milione di euro, avrebbero dovuto essere destinati alla realizzazione di pasta “bio” di elevata qualità, di cui peraltro non risultava essere mai stata avviata la produzione. Mancava qualsiasi profilo imprenditoriale da parte degli amministratori di diritto ed erano inesistenti le sedi delle società emittenti/riceventi la documentazione commerciale; sarebbero risultate sprovviste di una struttura logistica/aziendale e dirette da prestanomi  allettati dai facili guadagni e dalla promessa di immediati vantaggi, tra cui automobili e somme in denaro.

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