domenica, Dicembre 15, 2024

La lettera di ringraziamento di un padre che stava per perdere sua figlia: “Ho conosciuto la paura”

Foto AMnotizie
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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un padre che ha rischiato di perdere la propria figlia, soltanto un mese fa.

Un testimonianza vivida del dolore, della paura e dello sgomento, per una vicenda drammatica, che ha travolto la sua vita, quella della sua famiglia e del loro bene più prezioso, la figlia. Una storia che ha scosso coloro che, direttamente o indirettamente, sono stati coinvolti in quanto accaduto e che ha  toccato profondamente la sensibilità collettiva ed individuale. Emerge dalla lettera anche un grande senso di gratitudine e di speranza per questa seconda occasione, che la vita ha concesso ai genitori e alla stessa ragazza e per la solidarietà, il sostegno e l’affetto ricevuti nei momenti più difficili.

HO CONOSCIUTO LA PAURA”.

Sei al lavoro, ti squilla il telefono: “Massimo vieni a prendermi dobbiamo correre a Sant’Agata hanno chiamato da scuola che nostra figlia sta male e hanno chiamato il 118…” Non un attimo di esitazione, lascio tutto e corro a casa. Mia moglie sale in auto e con la preoccupazione da genitori iniziano le domande: cosa può essere successo ? É positiva al covid? Saranno dolori mestruali? Ora vediamo! E il tragitto verso scuola continua, nel frattempo diverse chiamate…ne arriva un’altra, risponde mia moglie ed esclama: “Come l’eli soccorso? Dov’è in questo momento?” Mi fermo, le prendo il telefono dalle mani: “Pronto? Buon giorno, sono il papà, mi dice cosa è successo a mia figlia? Dall’altra parte il silenzio….Pronto!???! Mi dice che c…o è successo a mia figlia?” grrr… “A sua figlia è successo che… Ci teniamo in contatto così sapremo dirle in quale ospedale la portano… “Poi arriva l’ultima telefonata: “Papà, sono io, sto bene. Non correre che il tempo è brutto”. Quella telefonata ti stravolge la vita in un istante, non sai che fare, il sangue ti si ghiaccia, ti manca il fiato, non capisci più niente, il cuore ti batte velocemente, non senti il caldo o il freddo. Non riesci a comprendere le sensazioni, ciò che stai provando. Elabori solamente che la tua vita, la cosa più preziosa che hai, la vita di tua figlia è in serio pericolo. Sensazioni che non c’è penna che possa scriverle e non ci sono parole per raccontarle, il peggior incubo che un genitore possa vivere. Ti senti travolto da un’ onda. Quell’onda che fino a un istante prima stavi cavalcando, quando tutto era al suo posto: la vitavita, le certezze, la famiglia, i tuoi amori. All’ improvviso quell’onda ti trascina sott’acqua e ti trovi in un vortice dal risucchio incredibile, ti toglie il respiro, ti divide la mente dal corpo, non capisci qual è la direzione per riemergere per provare a prendere fiato. Nella corsa verso l’ospedale guardo mia moglie, la mamma: nei suoi occhi vedo la devastazione, lo sgomento la disperazione. In quel momento non esiste espressione di conforto, ma solo un abbraccio, i pensieri si accavallano, i sentimenti si contrastano, in una confusione indescrivibile. Arriviamo in ospedale scendiamo di corsa dalla macchina in una corsa senza ostacoli, senza porte, ci vedono subito: “State calmi è qua vostra figlia, è in buone mani. Non fatevi vedere così, lavatevi la faccia”. E poi mi trovo davanti a lei, non una parola, non un lamento di dolore, le do un bacio, lei mi guarda, si preoccupa per me: “Papà! hai gli occhi gonfi? perché hai pianto? “Trascorre pochissimo tempo, ci viene detto che nostra figlia è pronta per entrare in sala operatoria, la salutiamo con un nodo in gola. Incominciano a spingere quella barella, si chiudono le porte dell’ascensore. Da quel momento non esiste più la cognizione del tempo, non trovi differenza tra il giorno e la notte, tutto si rincorre nella mente, non hai tempo di focalizzare. Pensi solo a lei, che è li, viva per miracolo.

Pensi di aver superato il peggio, rivivi ogni cosa, rivedi tutto ciò che hai passato in quei momenti indescrivibili, brutti, ripensi alla sua telefonata, mentre stava per essere trasportata in elisoccorso a Messina all’ ospedale Papardo: ”papà sono io, sto bene, non correre che il tempo è brutto!” Questa è mia figlia, quell’angelo che nel cammino della sua vita ha incontrato il diavolo a portarla fuori strada, con la fortuna di non essere sola, di aver al suo fianco in quel cammino la Madonna, che prendendola per mano l’ha rimessa sulla retta via, ci ha dato la gioia di poterla riabbracciare, ci ha ridato la vita. Rivedo anche la straordinaria solidarietà e l’umanità che ci ha circondati, accompagnandoci in questa brutta vicenda, ricostruendo ogni singolo passaggio: rivedo i volti, i protagonisti di ogni singola scena. Ringraziamo con la semplicità e l’umiltà nel dire grazie, nel far giungere a coloro che saranno sempre nel nostro cuore, ogni volta che penseremo a questo ostacolo che abbiamo incontrato nel cammino della nostra vita. Ringraziamo con il cuore in mano. Ringraziamo la professoressa Roberta Crò è stata la prima a trovarsi davanti quell’angelo, che come detto dai sanitari del primo soccorso: “ha fatto più di quello che poteva fare una mamma in quel momento, confortandola e tranquillizzandola con una dolcezza che nessun’ altro in quel momento poteva offrirgli, con l’abilita di nascondere la sofferenza e il dolore che provava in quel momento.” Ci hanno raccontato. Ringraziamo la dirigente Lara Bollaci, la professoressa Silvana Todaro, Katia Ziino e tutti i colleghi, gli studenti e i compagni, insomma tutto il plesso scolastico, che fin dal primo istante ci hanno affiancato, facendo sentire la loro presenza dal calore immenso, standoci vicino in quel brutto momento e nella vita di tutti i giorni. Ringraziamo, tutto – dico proprio tutto – lo staff del 118 che l’ha soccorsa, L’angelo dei cieli che in un istante l’ha fatta volare fino a Messina, tutto il presidio ospedaliero del Papardo, dal pronto soccorso, alla sala operatoria, dalla rianimazione al reparto di ortopedia. Tutti con l’umanità che ti conforta, la competenza non solo professionale, ma emotiva, che non l’ ha fatta sentire sola, non ci ha fatto sentire soli, e che ha rappresentato un sostegno per lei e per noi nell’affrontare questo difficile momento. Ringraziamo la questura di Sant’Agata di Militello, il dottor Di Mauro e tutti gli agenti, che sono intervenuti e ai quali sono state affidate le indagini, che hanno iniziato a compiere il loro compito e continuano ancor oggi nella massima discrezione e nel rispetto nell’ entrare in casa nostra, rispetto rivolto alla mia famiglia, senza turbare ancora di più la nostra vita, entrando nel nostro mondo, nel dolore di quei momenti terribili con uno straordinario garbo, con discrezione e professionalità.

Ringraziamo tutti i familiari, parenti, amici, il collega di lavoro, il nostro parroco e la nostra comunità che pregando per mia figlia, per noi e rivolgendoci anche solo uno sguardo non ci hanno fatto sentire soli. Grazie a quel gruppo di mamme che, anche non conoscendoci, ha pregato per mia figlia e per noi. Grazie alle persone lontane che con un comune gesto, una semplice parola, le abbiamo sentite vicine, a tutte le persone che sentendo quella notizia ci hanno rivolto un pensiero, qualunque sia stato. Ringrazio quella generazione di adolescenti, che un istante dopo hanno attivato quella chat, quella chat dalle opinioni variopinte, che aiuteranno mia figlia a crescere, affrontare la vita e il futuro, a diventare più forte di prima. Grazie al 22 marzo 2021 che ci ha ridato la vita, quella di nostra figlia, la nostra vita, al miracolo che ci ha offerto la possibilità di restare tutti uniti, con la possibilità di rialzarci e ripartire sostenendoci nel cammino della vita, nella consapevolezza dell’affrontarla con tutte le sue difficoltà e poterla vivere pienamente diventando più forti di prima. GRAZIE; GRAZIE E ANCORA GRAZIE.

Firmato: un papà”

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