domenica, Dicembre 15, 2024

Poli universitari penitenziari, siglata questa mattina l’intesa tra Regione, Atenei e Amministrazione Penitenziaria

Foto Poli universitari penitenziari01

Nascono in Sicilia i Poli universitari penitenziari, come sistema integrato di coordinamento delle attività volte a consentire ai detenuti e agli internati negli istituti di pena e ai soggetti in esecuzione penale esterna il conseguimento di titoli di studio di livello universitario.

Lo stabilisce l’accordo-quadro di collaborazione tra il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Siciliana, il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria in Sicilia, le Università di Palermo, Catania, Messina ed Enna “Kore”, con l’intervento della Regione tramite l’assessorato dell’Istruzione e della Formazione professionale.

 L’importante intesa è stata sottoscritta stamattina a Palazzo Orléans, alla presenza del presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, dell’assessore regionale Roberto Lagalla, del Garante regionale dei diritti dei detenuti, Giovanni Fiandaca, del Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Cinzia Calandrino, dei delegati degli Atenei Fabio Mazzola (Palermo), Fabrizio Siracusano (Catania), Anna Maria Citrigno (Messina), Agata Ciavola (Enna), e del presidente della Conferenza nazionale dei delegati dei rettori per i Poli universitari penitenziari, Franco Prina. La Regione Siciliana, come avvenuto già solo per la Regione Toscana, è la seconda istituzione locale che si inserisce a pieno, fornendo un supporto economico, nel dialogo fra Atenei e Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria.

 «È un evento al quale attribuisco un alto valore morale – afferma il presidente Musumeci – La Sicilia si intesta una battaglia, che diventa punto di riferimento per altre regioni e per il futuro. In questi tre anni, come governo regionale, abbiamo dedicato particolare attenzione a tutta la popolazione penitenziaria».

 «Questo accordo è segno di un’importante collaborazione tra mondo universitario, istituzioni penitenziarie e Regione Siciliana – sottolinea l’assessore Lagalla – a dimostrazione del fatto che questo governo sta guardando continuamente alle collaborazioni di largo respiro per la realizzazione di obiettivi rilevanti. Attraverso gli strumenti finanziari che erogherà, la Regione dà il supporto operativo a una iniziativa che va tutta nella direzione del recupero sociale dei detenuti e simbolicamente fornisce l’idea di una istruzione che emancipa rispetto al delitto».

 «Raggiungiamo un accordo-quadro che si declinerà in singole convenzioni con le Università siciliane per dare a tutti i detenuti l’opportunità di effettuare studi universitari – dice il provveditore Cinzia Calandrino – Come amministrazione penitenziaria dobbiamo agevolare l’istruzione, perché la cultura stimola una revisione critica del proprio passato, aiuta i detenuti anche a potere reinserirsi nella società e dà una libertà di pensiero che va assicurata a tutte le persone in esecuzione della pena»

Il Garante regionale Fiandaca evidenzia che «l’ordinamento penitenziario prevede espressamente una sorta di obbligo di promozione e agevolazione dell’istruzione universitaria all’interno degli istituti penitenziari. Inoltre, riconosce l’istruzione come primo elemento del trattamento rieducativo volto al reinserimento sociale dei condannati. La promozione di un più elevato livello di cultura – aggiunge – costituisce presupposto importante per generare nel detenuto maggiore disponibilità al trattamento rieducativo. Questo vale specialmente nelle regioni meridionali, dove la popolazione carceraria statisticamente presenta un livello di istruzione e di scolarità più basso».

 In Italia sono 80 gli istituti penitenziari in cui viene garantita l’istruzione universitaria, con la collaborazione di 37 Atenei (compresi i quattro siciliani), per un totale di circa 1.000 studenti-detenuti iscritti. Per il 60 per cento si tratta di detenuti in regime di media sicurezza (delinquenza comune), per il 34% di alta sicurezza, per l’1,5% di detenuti al 41 bis. Solo il 2% degli studenti universitari detenuti è rappresentato da donne.

 

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