Le fiamme gialle palermitane hanno messo i sigilli alla società “Gamac group srl” con sede a Milano, che gestisce 13 supermercati a marchio Conad e Todis, tutti ubicati nella provincia palermitana: 7 punti vendita a Palermo, mentre gli altri sono a Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese.
Un maxi sequestro da 150 milioni di euro al “re” dei supermercati Carmelo Lucchese, eseguito questa mattina, su disposizione della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, dai finanzieri del Comando provinciale di Palermo nell’ambito dell’operazione denominata “Schiticchio”, che ha visto visto l’impiego di oltre 100 militari.
Oltre al sequestro dell’intero complesso aziendale – che nel 2019 ha fatturato circa 80 milioni di euro – sequestrati 7 immobili in zona Pagliarelli, 61 rapporti bancari, 5 polizze assicurative e 16 autovetture, fra cui due auto di lusso.
Dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, sulla base degli accertamenti svolti dal Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria, Carmelo Lucchese 55 anni “Seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra”, scrive il collegio presieduto da Raffaele Malizia accogliendo la ricostruzione del procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Marzia Sabella e del sostituto Giovanni Antoci.
A svelare i legami di Lucchese con la criminalità organizzata sarebbero state le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia e le successive risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali. Una ricostruzione che avrebbe consentito di evidenziare strutturati contatti del Lucchese con la famiglia mafiosa di Bagheria, dai quali avrebbe tratto i vantaggi ‘imprenditoriali’. Il Tribunale ha valutato, quindi, ricorrenti gli elementi per ritenere Lucchese un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, essendo vicino ad esponenti di vertice della consorteria bagherese. Attraverso questi legami sarebbe riuscito ad espandersi economicamente nel settore, ad acquisire con l’intervento di Cosa nostra ulteriori attività commerciali, a scoraggiare la concorrenza, facendo addirittura incendiare, nel 2005, un supermercato bagarese che poteva portargli via clienti e persino a risolvere una controversia sorta con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando anche di una dilazione nei pagamenti.
Lucchese non avrebbe mai pagato pizzo a Bagheria. Ma vi è di più. Secondo le dichiarazioni del pentito Sergio Flamia, l’ex capo della famiglia di Bagheria, quando i mafiosi bagaresi cercavano un covo sicuro per il boss Bernardo Provenzano, all’epoca latitante, l’imprenditore avrebbe dato la disponibilità di un appartamento, che però poi non venne utilizzato.
Le attività commerciali sequestrate, intanto, continueranno a lavorare sotto la direzione di un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.